Artista: Alessandra Cianelli
Opera: Sulle spalle (2012)Bio: Sono nata a Napoli, dove ho ri-scelto di vivere. Le storie di famiglia, le storie degli eroi e degli dei, la Storia raccontata come una favola, sono stati il regalo dei miei genitori e di chi mi sosteneva mentre crescevo. Inventare altri mondi con questi materiali era la mia passione: giocando con il lego e con le Barbie traducevo le mie visioni in una pratica; questa è diventata un’abitudine che si è trasformata in attitudine. Da adulta quest’attitudine doveva materializzarsi in un percorso di studio e in un lavoro. Sono diventata scenografa studiando all’Accademia di Belle Arti; ho studiato Filosofia e non mi sono laureata; ho lavorato nel teatro e nel cinema per diversi anni; ho lasciato Napoli per una città dove c’erano più opportunità di lavorare nel mondo della ‘finzione’, sul set e sul palcoscenico. Dopo qualche anno ho deciso di ri-tornare a Napoli; ho iniziato a fare l’artista e a studiare la filosofia col corpo, che è lo yoga. C’è una differenza tra la finzione e la visione: percezione falsata della realtà e immaginazione. Siccome fare l’artista significa immaginare, ovvero rilanciare sempre oltre la visione, cercare spiragli, individuare rotture, illuminare particelle insignificanti e/o oscure, raccogliere segni e tracce, posso dire che faccio la ricercatrice.
SULLE SPALLE
Sulle spalle nello spazio come peso o bagaglio e alle spalle nel tempo, dietro, indietro. Alcune foto di famiglia e due lettere dal fronte di un soldato sospeso tra quello che si può dire e quello che non si deve dire, tra gerarchia patriarcale del mondo rurale da cui viene e gerarchia militare, sono lo spunto per questo lavoro. L’informazione, la mancata informazione, la deformazione dell’accaduto attraverso materiale tratto da cinegiornali d’epoca e telegiornali attuali sono confrontate con il detto-non detto-nascosto di una famiglia. Il soldato giovanissimo era mio nonno, morto in Cirenaica nel dicembre 1940 durante un attacco aereo britannico, nel corso dell’operazione Compass.
Era un migrante di guerra, partito nel maggio del 1940 da un villaggio dell’Irpinia per raggiungere e difendere con le armi la quarta sponda dell’impero. La lettera, letta da mia madre, rivela lo spiazzamento di chi non è mai uscito dal suo paese e la delusione per la scoperta della censura, che ne incrina la fiducia ingenua nello stato Patria/Famiglia fascista. La censura militare subita dal soldato si trasforma in censura familiare sull’accaduto. Il corpo del soldato, sparito oltremare, fa sparire la sua storia individuale e cancella la Storia che è stata lo sfondo della sua vicenda umana. Sulle nostre spalle, dietro le nostre spalle di europei e italiani, c’è il rapporto dell’Italia con il suo passato Imperiale e coloniale: dalla conquista della Libia nel 1911 in piena età giolittiana fino alla fine della dittatura fascista, alla caduta dell’Impero e all’abolizione delle Colonie (1948). Mio nonno è una dei tanti perduti e caduti nella relazione conflittuale tra l’aldiquà e l’aldilà dello stesso mare. E’ un caduto del sud del mondo nato nel sud rurale del nord del mondo.
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